16/10/2021 di Michele Campana
Intervista ad Alessandro Lanzoni e Lorenzo Bisogno, vincitori del Premio Massimo Urbani. L’intervista si è svolta dopo il concerto di Seamus Blake tenutosi a Macerata all’interno della rassegna Macerata Jazz.
Diciotto e trenta, indosso il pass intorno al collo per entrare in teatro, mentre salgo le scale i musicisti stanno già facendo il soundcheck. La melodia è familiare, il sassofono suona il tema di uno standard. È Waltz for Debby di Bill Evans, però non è suonata in ¾, e il ritmo è bossa nova. Entro nel teatro, mi siedo in una poltrona tra le prime file ad ascoltare. Lo standard è cambiato, ora stanno suonando Alone Together. Al sax tenore, al centro del palco, in abito marrone chiaro: Seamus Blake. Al piano c’è Andrea Lanzoni, al contrabbasso Giulio Scianatico, alla batteria Jorge Rossy e a destra del palco l’ospite della serata, il vincitore di questa edizione del Premio Massimo Urbani 2021: Lorenzo Bisogno con il sax tra le mani. Entrare in teatro è sempre suggestivo, soprattutto se si tratta di un teatro come il Lauro Rossi di Macerata, e soprattutto in un tempo in cui i teatri sono stati chiusi. Seamus Blake con il suo quartetto, insieme a Lorenzo Bisogno aprono la stagione invernale di concerti e il festival Macerata Jazz. Alle 21.20 inizia il concerto: l’armonia colora lo spazio. La musica si espande, attraversa le poltrone, avvolge il teatro e ti trascina dentro, tanta energia, forza e grandi soli. Quando il concerto finisce e i musicisti scendono dal palco, con Alessandro Lanzoni e Lorenzo Bisogno ci troviamo in uno dei camerini.
C’è qualcosa che vi lega ed è la vittoria di entrambi, rispettivamente nel 2006 e nel 2021, del prestigioso Premio Massimo Urbani. Cosa ha significato per voi?
A.L.: La vittoria è stata fondamentale. A quel tempo era poco usuale per me suonare in gruppo con altri, avevo quattordici anni e da poco avevo iniziato a suonare jazz, qualsiasi occasione per suonare con qualcun altro era una grande occasione, in particolare con dei veri professionisti come Massimo Moriconi e Massimo Manzi. Dopo di che c’è stata una sorta di lancio. Paolo Piangerelli, che seguiva e amministrava il concorso, mi ha dato la possibilità di incidere dischi, anche con grandi musicisti come Lee Konitz.
L.B.: La cosa per me è molto più fresca e rappresenta un bel trampolino di lancio, ne sto già vedendo i frutti. Andrò in studio tra pochi mesi per registrare un disco a mio nome con il mio quintetto con l’etichetta di Enrico Moccia, Emme Record Label. Suonare con musicisti come Massimo Moriconi, Massimo Manzi, Andrea Rea è stato incredibile. Non era una vittoria aspettata, sono felice che abbiano dato a me questa opportunità.
Walter Benjamin nella sua opera del 36 scrisse: “Per secoli l’attività letteraria fu tale che a un certo numero esiguo di scrittori si contrapponeva un numero di gran lunga superiore di lettori. Verso la fine del secolo scorso è però subentrato un cambiamento. […] una percentuale in costante aumento di lettori finì nel novero degli scrittori”. Ad oggi, grazie o per colpa dello sviluppo tecnico e tecnologico sembra che tutti possano essere artisti nell’immediato, e chiunque ha la possibilità di diffondere qualsiasi cosa nella rete.
Cosa ne pensate? Credete che oggi esista ancora una responsabilità del vero artista? Esiste un’importanza sociale dell’arte?
A.L.: Voglio credere e sono convinto che l’arte e il ruolo dell’artista sia centrale. La musica, in questo caso, è un mezzo di espressione massima, percepisco un senso di vera libertà quando suono. Anche per l’ascoltatore questo tipo di esperienza è fondamentale. Con lo sviluppo tecnologico il modo di fruizione dell’arte è cambiato. Lo svantaggio maggiore sta nel fatto che l’attenzione non è più concentrata in un singolo disco, è facile perdersi tra i suggerimenti che le varie piattaforme offrono, passando da una traccia all’altra o da un artista all’altro. Quando esisteva solamente il disco, come oggetto fisico, soltanto il fatto di averlo acquistato e di possederlo era un motivo in più per ascoltarlo e riascoltarlo con maggiore concentrazione. Al tempo stesso però è possibile scoprire molte cose nuove, ad esempio trovando video vecchissimi e testimonianze rare di certi artisti.
L.B.: Il livello tecnico degli artisti si è alzato molto negli ultimi anni, grazie anche ai mezzi che abbiamo. Sono mezzi accessibili a tutti e ci mettono in contatto con il resto del mondo. Il fatto che non si abbia più un focus su una determinata cosa è uno svantaggio. Dei dischi che avevo conoscevo a memoria gli assoli, li ascoltavo ripetutamente, adesso l’attenzione è molto più difficile tenerla. Se l’artista è intelligente sfrutta questi strumenti in modo vantaggioso. Molti studi che faccio li pesco anche dai video che i “big” caricano sui social, anche da Seamus Blake ogni volta che posta un solo, cercando di catturare e di cogliere tutto ciò che fa.
Quali sono i prossimi punti in agenda e i nuovi progetti futuri?
A.L.: Sicuramente continuare a collaborare e a suonare dal vivo con il mio trio che coinvolge due musicisti americani, Thomas Morgan e Eric McPherson. É il progetto alla quale tengo di più in questo momento, è appena uscito il secondo nostro album e adesso ho intenzione di promuoverlo e portarlo in giro il più possibile. Sta continuando poi questa collaborazione con Seamus Blake, in questo momento entrambi viviamo a Firenze, abbiamo sia un duo, sia il gruppo di stasera.
L.B.: Prima di giugno le mie intenzioni erano quelle di tornare a New York dove sono stato negli ultimi tre o quattro anni, con l’occasione del premio per ora rimarrò in Italia. Il progetto più imminente è la registrazione del disco con il mio quintetto formato da Manuel Magrini al piano, Lorenzo Brilli alla batteria, Pietro Paris al contrabbasso e Massimo Morganti al trombone. Sicuramente il sogno è collaborare con i grandi nomi, come è successo oggi con Seamus Blake. Ho contatti anche con molti musicisti a New York, spero di tornarci presto. Nell’imminente c’è questo, per il futuro si vedrà.
Michele Campana